" CAMMINARE, L'HOMO VIATOR DEL NOSTRO TEMPO ED IL SUO CAMMINO DI RICERCA "
Fano, 2 giugno 2011
Sono stato di recente in un aeroporto Internazionale per accogliere dei confratelli provenienti dall'estero. Sono rimasto sorpreso dal grande numero di persone in partenza per destinazioni anche lontane, di altri continenti!Anche in un periodo non tipicamente di ferie e non facile per vari motivi (economia, guerre, sicurezza). La gente oggi - mi sono detto- parte spesso, viaggia, va in vacanza, appena può si mette in cammino (nonostante tutto!).
Il grande Papa - di recente Beato - Giovanni Paolo II scrisse ripensando ai milioni di pellegrini che erano giunti a Roma per il Giubileo dell'anno 2000:
« Non di rado mi sono soffermato a guardare le lunghe file di pellegrini in paziente attesa di varcare la Porta Santa. In ciascuno di essi cercavo di immaginare una storia di vita, fatta di gioie, ansie, e dolori: una storia incontrata da Cristo, e che nel dialogo con lui riprendeva il suo cammino di speranza ».
È significativo notare il legame che il Papa pone tra l'essere pellegrini e la scoperta della propria condizione di vita. - (riflessione sul turista/pellegrino, ad Avignone).
Spesso partecipando ai pellegrinaggi ho potuto verificare la stessa situazione: in ogni persona, che prende parte a questo 'cammino spirituale ed interiore', è facile leggere la "storia di una vita". Ognuno porta con sé quel carico di identità, di realtà, di speranza, di attese, di fatica e a volte di vero dolore, ed anche di fede, che affida al Signore per essere illuminato, consigliato ed aiutato.
Ogni pellegrinaggio, inutile nasconderlo, porta innestato in sé un momento particolare della propria vita, per questo poi viene conservato nel cuore e ad esso si ritorna con gioia come ad un'esperienza che non può essere dimenticata. Difficile pensare altrimenti.
Quando si riassume la vita di ogni uomo alla luce dell'immagine dell'homo viator, allora è necessario raccogliere anche la sfida che viene da quell'immagine. L'uomo è veramente in cammino. Dalla nascita fino alla morte, la sua vita si colloca in un perenne movimento teso verso il raggiungimento di qualcosa che spesso non è propriamente conosciuto, ma solo desiderato. Ci sono momenti della nostra vita che più direttamente ci coinvolgono nel riflettere su questa condizione: così come ci sono momenti che noi desideriamo illuminare attraverso un cammino. I due aspetti non si annullano a vicenda, ma sono tra loro complementari, Vediamo la nostra vita segnata da un percorso che dobbiamo intraprendere.
Certo, a volte con timore e titubanza, perché sappiamo che non siamo stati noi ad averlo tracciato; eppure, scopriamo che in quel percorso ritroviamo la via della vita, e della nostra salvezza, - religiosamente parlando -.
Dall'altra parte, portiamo il peso della responsabilità di dover anche noi tracciare il cammino della nostra vita e in questo caso, scopriamo tanti momenti che costituiscono delle pietre miliari, a cui volentieri facciamo ritorno, nel bene e nel male, perché ci consentono di verificare quanto abbiamo camminato e quanto ancora ci resta prima di arrivare al traguardo.
Questa condizione di essere un "uomo sempre in viaggio", insomma, non è circoscrivibile solo ad uno stato emozionale che ognuno può percepire in qualche situazione particolare; essa è molto di più. È ciò che ci consente di radicarci più in profondità nel mistero della nostra esistenza, permettendoci di cogliere in essa il segno della presenza di Dio.
Portiamo iscritto in noi, pertanto, il senso di una ricerca lunga e continua che vuole arrivare a identificare il fine verso cui tendiamo. Chi si mette in viaggio sa che ogni mattina deve riprendere da capo la sua ricerca fino al giorno in cui vede cadere dinanzi a sé la barriera che separa il visibile dall' invisibile. Di fronte ad una simile scoperta il senso delle cose cambia, si percepisce ciò che vale veramente la pena di vivere e ciò che è fugace ed effimero, ciò che rende felici e ciò che inganna. La vita vissuta come ricerca, dunque, ci pone inevitabilmente dinanzi alla scoperta dell'essenziale.
Un profondo conoscitore dell'uomo come Pascal ha saputo esprimere questa condizione in termini inequivocabili: «Tutti gli uomini cercano la felicità, nessuno eccettuato; per quanto siano diversi i mezzi che impiegano, tutti tendono a questo fine. Se gli uni vanno alla guerra, e gli altri non ci vanno, è
questo desiderio che agisce in entrambi, ma accompagnato de vedute diverse… e tuttavia mai, senza la fede, qualcuno è arrivato al punto a cui tutti continuamente tendono » (Pensieri, 425). La ricerca, pertanto, deve avere un termine verso cui tendere: il senso della propria vita e la scoperta di che cosa o chi può dare ad essa senso compiuto e non più sottoposto a qualcosa di contingente.
Questa dimensione ci apre alla considerazione di un altro aspetto: l'incontro con una persona, con se stesso, con una presenza, con il Signore, anche se questo non è subito chiaro ed immediato. In un pellegrinaggio ciò è colto in modo più definito e diviene pure la ripresa fiduciosa del cammino della vita in una luce diversa.
Conosciamo bene il brano evangelico dove Luca narra l'incontro di Gesù Risorto con due dei suoi discepoli che andavano a Emmaus. Il loro cammino verso Emmaus si stava per trasformare in un vero e proprio pellegrinaggio, facendoli uscire dall'ordinarietà di tutti i giorni. Chi si mette in viaggio non è sempre un pellegrino, ma lo può diventare.
È soprattutto necessario che ci si ponga nella condizione di accogliere questa presenza: il "compagno di viaggio". Le diverse preoccupazioni della vita, che sembrano allontanarci dall'essenziale, possono diventare invece il veicolo per raggiungere la fede. Questo è l'insegnamento del brano di Vangelo citato.
È necessario che Gesù Risorto si accosti a loro, introducendoli al senso più profondo delle Scritture, per scoprire che quei tre anni della loro vita passati insieme con il Maestro di Galilea non erano stati inutili.
È questa anche la parabola della nostra esistenza. Il cammino che siamo chiamati a percorrere non è sempre un pellegrinaggio; lo può diventare nella misura in cui sappiamo riconoscere questa 'presenza' di Cristo che nella libertà più ampia ci viene incontro, quando vuole incrociare il nostro cammino. Credo sia questo il punto nodale dell'esistenza, che diventa chiave di volta per il significato di tutta l'esistenza personale. Questo incontro - con Cristo - richiede necessariamente che ognuno sia capace di lasciare qualcosa.
Per i discepoli che andavano ad Emmaus ciò equivaleva a lasciare in disparte i loro progetti di vita e l'interpretazione che essi davano alle Scritture. Dovevano scoprire che erano stati «lenti e tardi di cuore»; solo a questa condizione potevano diventare capaci di «partire senza indugio», in fretta, per ritornare dagli altri discepoli e renderli partecipi dell'esperienza vissuta. Questo pellegrinaggio, quindi, si presenta realmente come una ricerca che non si ferma, ma che riporta al cuore della propria condizione.
È, in primo luogo, la ricerca del senso della propria vita: Chi sono?, Dove vado? Cosa mi attende dopo questa vita? I grandi interrogativi dell'esistenza accompagnano chi si mette in cammino. È una ricerca che non sempre trova facile soluzione, perché riconoscere la propria realtà, con il proprio limite, e affidarsi al mistero richiede la disponibilità a lasciarsi plasmare dalla grazia. Il cammino che il pellegrino è chiamato a compiere lo immette progressivamente - e misteriosamente - in uno spazio sempre più ampio che consente di raggiungere il profondo di se stesso. Se si vuole, è quel cammino imperscrutabile (i cui tempi solo Dio conosce), che Sant'Agostino ha faticosamente attraversato e ha descritto con parole memorabili: «Non uscire fuori di te, ritorna in te stesso: la verità abita nell'uomo interiore e, se troverai che la tua natura è mutevole, trascendi anche te stesso».
La conoscenza profonda di sé, quindi, comporta non solo il riconoscimento del nostro limite e della contraddizione che portiamo iscritta in noi, ma anche la capacità di elevarci, trascendere e di saper andare oltre.
È questo lo spazio di libertà che si apre per ognuno di noi in questo lungo e grande, veramente profondo, cammino e che permette di compiere atti che sanno sconfinare nel cuore del mistero.
Scarica il documento in formato PDF ( 85 Kb)
PALAZZO MONTECITORIO
DISCORSO DI DON LUCIANO MAININI SEGRETARIO GENERALE DELLO S.P.I.
Giovedì, 15 dicembre 2005
Un saluto alle autorità presenti, agli organizzatori che oggi
presentano questa realtà di S.A.R.P. al servizio delle organizzazioni
ecclesiali di pellegrinaggio; un saluto particolare al dott. Dante D'Elpidio
Presidente della S.A.R.P. e ai membri del consiglio di Amministrazione che,
pur in queste giornate di vicinanza alle festività natalizie hanno voluto
rendere pubblico un percorso, forse ancora in fase embrionale, ma intorno al
quale si concentrano gli sforzi e per certi versi le "speranze" o meglio le
attese di tante persone coinvolte a vario titolo e in diversa misura o come
fruitori o come gestori di un percorso.
Un saluto, alle organizzazioni coinvolte in prima linea nella S.A.R.P.,
all'U.N.I.T.A.L.S.I., all'O.F.T.A.L. e al C.I.P.P. Pellegrinaggi Paolini della
Brevivet che con coraggio stanno cercando di dar voce a chi in questi anni ha
maturato esperienze di servizio e di attenzione vera al mondo dei sofferenti,
dei malati e più in genere a quelle categorie che a tali organizzazioni si
affidano per ricercare spazi di dialogo religioso e di autentica crescita di fede
sugli itinerari del mondo cattolico nei santuari d'Italia e del mondo.
Come Segretariato Pellegrinaggi Italiani, non potevamo che ben accogliere
un percorso e una scommessa che vede impegnate in prima persona e con l'ufficialità dell'impegno societario alcune nostre associazioni ma poi in
realtà il coinvolgimento dell'intero assetto dello S.P.I..
Un plauso per l'intento e l'impegno nel "dare vita ad un soggetto
giuridico in grado di consolidare il valore pastorale del pellegrinaggio
curando, al contempo, l'ottimizzazione del viaggio nel suo concreto
esplicarsi".
Siamo, infatti, molto preoccupati della piega che ha preso questo
settore. In buona sostanza, cercare in tutte le formule quello che in questi
anni è un poco mancato ossia anche la possibile attenzione tecnica operativa
di quei soggetti, vedi le ferrovie, che rappresentano in molti casi il vettore
indispensabile per il concretizzarsi di iniziative di pellegrinaggio destinate
ad un mondo che tante volte oggi è escluso dalle normali attività di supporto
e che per dirla in un gergo forse vecchio ma mai attuale come oggi, che è
quello di alcune categorie sociali non più protette.
Lo è stato già detto dai soggetti chiamati in prima persona, non sta a
noi rimarcarlo, ma certamente il mondo, di chi soffre di chi è malato, dei
lontani ma anche di chi attraverso lo sviluppo di un corretto rapporto tra
quello che è religioso e quello che è tecnico non può che trovarne un indubbio
giovamento.
La presenza poi oggi qui, e la sede istituzionale della presentazione di
oggi, rappresenta una prima occasione per porre all'attenzione delle masse,
degli organismi legislativi e tecnico operativi, della stampa la sollecitazione
che da più parti ci proviene per rimarcare quanto ancora resti da fare per
chi è sempre più spesso ai margini di possibili percorsi.
Ricordo la dimensione biblica del pellegrinaggio, la sua realtà nella
tradizione cristiana. Oggi quale realtà umana, sociale e ecclesiale è divenuto
quel mondo che noi chiamiamo pellegrinaggio. Vorrei ricordare in quella
splendida intervista che, di fatto, fu "Varcare le soglie della speranza", come
Giovanni Paolo II riferì a Vittorio Messori la dimensione sempre attuale non
solo del pellegrinaggio, ma anche del turismo religioso. Perché la Chiesa non si dovrebbe allora interessare di questi settori, comprese le sue implicanze
tecniche e organizzative?
Volentieri oggi come S.P.I. appoggiamo e valorizziamo questa
iniziativa proprio nell'ambito specifico del nostro Statuto e del nostro
comune impegno al servizio della Chiesa nazionale e delle diocesi che alle
varie realtà territoriali si affidano, fin dai tempi della fondazione negli anni
settanta sino ad oggi.
Se da un lato, infatti, la natura dello S.P.I., che è il coordinamento di
quanti a livello nazionale hanno la responsabilità di promuovere dette
iniziative, è pastorale da sempre e con maggiore valenza in questi anni, ci si
è interrogati sulle implicanze tecniche e sulla necessità acclarata che non è
possibile promuovere iniziative spirituali in questa particolare pastorale
della mobilità senza al contempo curare la parte tecnica, pur nei modi e
nelle formule da stabilire attraverso migliori rapporti con i Rettori dei
Santuari, i Vettori, le agenzie, gli albergatori.
Ci pare che i passi che si stanno muovendo, proprio verso l'apertura di
iniziative verso il Vettore ferroviario, ritenuto per numero delle persone
trasportabili e per costi che devono ridiventare economicamente interessanti
uniti alla qualità dei servizi possa andare in tal senso.
È l'augurio che facciamo alla S.A.R.P. e a noi stessi ritenendola una
scommessa per i prossimi anni e per un concreto aiuto solidale al mondo dei
sofferenti e dei pellegrini che a noi si affida.
Scarica il documento in formato PDF ( 63 Kb)