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Riportiamo il testo della relazione di don Antonio
Foderaro, che ha tenuto in occasione dell'Assemblea
Ordinaria, svoltasi a Reggio Calabria, nel mese
di novembre 2012
1 - Il mondo cambia volto, la società vive un radicale
mutamento, gli stili di vita si trasmutano. Tutto
sembra assumere la caratteristica del movimento.
Vince chi va più veloce, utilizzando gli strabilianti
progressi tecnologici. Le nuove vie delle relazioni,
passano nelle reti telematiche. Così l'economia, la
cultura, il lavoro fluiscono oltre i volti dell'umano e
si disperdono nei sentieri invisibili della globalizzazione.
Allo sguardo disincantato dell'uomo moderno
le varie e molteplici vie di un tempo appaiono
miti e leggende. Eppure, rivelando lo sforzo di raggiungere
un di più, un oltre, inteso come conquista
e guadagno, permangono nella storia, ma soprattutto
nella memoria, a significare un passato che
ci ha generato all'intelligenza della vita. Quasi a
materializzare il cammino dello spirito umano alla
ricerca di una verità più grande di quella posseduta,
più perspicace ad illuminare la notte dell'anima,
più risolutiva nel tentativo di conseguire sapienza
e conoscenza, siamo di nuovo sollecitati a
ripercorrere la via che testimonia nel tempo la
scommessa umana al compimento di sé. E si mostra
tanto persistente questa via da apparire come
una sorta di messa in atto di una metafisica della
itineranza orientata al raggiungimento della meta
finale. (C. Mazza, Il Pellegrinaggio come metafora
della vita).
2 - I pellegrinaggi sono noti a tutte le religioni. Sono
l'espressione dell'uomo alla ricerca di Dio nei
luoghi in cui Egli si è manifestato in modo particolare,
in cui Egli ha donato agli uomini la possibilità
di sentire più facilmente la Sua presenza oppure
persone particolarmente dotate, grazie ai Suoi
doni, sono divenute un segno particolare della presenza
di Dio. Ecco perché vi sono luoghi di pellegrinaggio
che attraggono persone e coloro che li visitano
sono alla ricerca di una nuova esperienza di
Dio e quindi della pace, della gioia, dell'amore e
della speranza. Con ogni pellegrinaggio l'uomo si
allontana dalla sua quotidianità, mettendo da parte
il lavoro, la famiglia, gli amici, la sicurezza e si
mette in cammino spinto dal suo desiderio di incontrare
nuovamente Dio. Sebbene alla base di
ogni pellegrinaggio vi sia la ricerca di Dio, l'allontanamento
dalla quotidianità e l'apertura al divino,
che è il motivo principale del pellegrinaggio stesso,
vi sono anche motivi secondari alla base dei pellegrinaggi
attuali la conoscenza del mondo e dei
paesi, dei popoli e delle loro abitudini. Se poi vi si
rimane, allora diventa turismo. Accanto al motivo primario ed a tutti i possibili motivi secondari, c'è
anche il grande apporto della curiosità umana che,
in un primo momento, può superare ogni altra motivazione.
Esistono luoghi di pellegrinaggio sorti
proprio per l'intervento di Dio nella vita di uno o più
uomini (sostanzialmente proprio in questo modo
sono sorti i luoghi di pellegrinaggio mariani legati
alle apparizioni) oppure creatisi lentamente col
passare del tempo, molto spesso
dopo la morte di qualche persona eletta da Dio
oppure per le imprese carismatiche di singole persone
nella Chiesa. Indipendentemente dal modo in
cui i luoghi di pellegrinaggio si siano sviluppati,
ovunque l'uomo pellegrino
cerca sempre la stessa cosa. Poiché spesso egli
arriva con varie motivazioni, è dovere di coloro che
organizzano le attività nei luoghi di pellegrinaggio
aiutare ogni singolo pellegrino a prendere coscienza
della reale motivazione del suo pellegrinaggio e
cioè l'incontro con Dio che attende l'uomo. Per
poter dar forma al pellegrinaggio, è indispensabile
servirsi di ogni mezzo a disposizione affinché accada
quello che deve accadere: l'incontro tra Dio che
attende e l'uomo che cerca. Ecco perché è necessario
avere ben chiaro chi è l'uomo e cosa vuole e
quello che Dio gli offre in risposta. In modo particolare
l'atteggiamento del pellegrino ci consente di
dire che l'uomo è di per sé domanda e ricerca di
una risposta mentre Dio è risposta ed attesa di
colui che cerca.
3 - L'uomo è un essere spirituale e fisico. E' provvisto
di ragione, libertà di scelta e di un ampio spettro
di esperienze spirituali.
L'uomo porta in sé il profondo anelito alla realizzazione
di se stesso. L'uomo ricerca continuamente
tale auto-realizzazione e quello che egli cerca può
essere espresso in una parola: l'uomo è un essere
alla ricerca della pace. Senza ombra di dubbio possiamo
dunque affermare che la casa dell'uomo è lì
dove si trova la 'sua pace'. La ricerca della pace è il
motivo fondamentale di qualunque attività umana
e dell'esistenza. L'esperienza ci insegna che l'uomo
è pronto a compiere del bene, fino al punto da
sacrificare la propria vita, se lungo questo cammino
egli sente la 'pace'. Allo stesso modo, se l'uomo
non trova la pace facendo del bene ed aprendosi a
valori umani positivi, inizia a cercare la pace nel
mondo del negativo e della distruzione. In tal modo
l'uomo può distruggere se stesso, gli altri e tutto
quello che lo circonda, sempre nella sua ricerca
della pace. Se analizziamo la crescita e lo sviluppo
dell'uomo dalle sue origini, scopriremo che egli ha
avuto bisogno della pace per poter crescere ed
evolversi. Se una mamma è tranquilla, anche il
figlio che porta in grembo vivrà questa pace e crescerà
'gioiosamente'. Quando la tranquillità della posmamma
viene compromessa per qualsiasi motivo
mentre porta suo figlio in grembo, il bimbo verrà
alla luce con profonde conseguenze, quali l'inquietudine,
della quale non riuscirà a liberarsi per tutto
il resto della sua vita. Quando un bimbo viene alla
luce, affinchè possa proseguire tranquillamente la
sua vita nel mondo, dovrà essere accettato ed
amato. Infatti l'esperienza ci insegna anche che
molti bambini vivono una profonda inquietudine a
causa della gelosia che si crea in tutte le famiglie
che aspettano un altro bimbo.
Proprio l'esperienza di non sentirsi come minacciato,
ma arricchito, ed il sentirsi ancora amato ed
accettato, restituisce la pace al bambino. Crescendo
e sviluppandosi, non cambierà nulla; semplicemente
l'uomo manifesterà in altro modo le sue
inquietudini e cercherà diversamente la propria
pace, lungo una strada positiva o negativa. Qui ci
si pone dinanzi un interrogativo fondamentale: è
forse l'uomo un esule che ha da tempo perso la
sua 'casa della pace' e cerca in tutti i modi di ritrovarla
oppure il suo cuore è pervaso da un desiderio
per la pace che va oltre ogni promessa proveniente
dal mondo in cui vive' In questa sede il nostro
compito non è quello di analizzare tutti i presupposti
e le risposte antropologico-culturali poiché
una è sufficiente: l'uomo concreto, dotato di
ragione, di libertà di scelta e di un'anima libera,
vuole vivere nella pace ed il mondo che egli sperimenta
non gli assicura pienamente questa pace;
ecco perché egli la cerca instancabilmente e non
può liberarsi dal desiderio di realizzarla. Per poter
vivere in pace e rimanere nella 'sua casa della pace',
tutti i piani dell'uomo devono essere soddisfatti
ovvero la ragione, il libero arbitrio e la libertà
dell'anima e dello spirito.
In questo l'uomo si differenzia profondamente dal
mondo animale.
Gli animali non superano se stessi nella ricerca
della pace. E' sufficiente che si sentano sazi e dissetati
e che soddisfino i propri bisogni istintivi per
essere tranquilli. Anche le bestie più feroci perdono
la propria aggressività quando appagano le
proprie istintive necessità. Non possiamo dimenticare
che esistono l'antropologia, la psicologia e la
sociologia che cercano di convincere l'uomo del
fatto che egli, per poter ottenere la pace, ha bisogno
di qualcosa di più rispetto agli animali, ma
questo qualcosa non oltrepassa alcun orizzonte
del suo mondo. Ancora una volta l'esperienza conferma
che quanto più l'uomo è appagato a livello
fisico-istintivo, tanto più inquieto, aggressivo e pericoloso
egli diviene per se stesso e per l'ambiente
circostante se il suo essere non è imbevuto delle
realtà spirituali.
4 - In una sua poesia intitolata Cristiani e Pagani,
Bonhoeffer esprimeva la costante ricerca dell'uomo
che vive nel bisogno con queste parole: Gli uomini corrono a Dio nel loro bisogno
implorano aiuto. Invocano pane e fortuna
salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte.
Tutti, tutti, cristiani e pagani.
Gli uomini vanno a Dio nel suo bisogno
lo trovano povero, umiliato, senza tetto né pane,
lo vedono soffocato dai peccati, dalle debolezze,
dalla morte.
I cristiani stanno vicini a Dio nella sua sofferenza.
Dio va a tutti gli uomini nel loro bisogno
sazia il corpo e l'anima con il suo pane
muore crocifisso per cristiani e pagani
e a tutti perdona.
In questo cammino della vita l'uomo si muove
nell'orizzonte del suo "senso ultimo" e di Dio riporta
l'intenzione della coscienza sulla dimensione
trascendente dell'uomo, sulla sua intrinseca
"religiosità", sulla necessità del comune destino,
sulla salvezza finale. Allora lo specifico viaggiare,
trasformandosi in domanda di sacro e in domanda
di comunione, diventa "pellegrinaggio", cioè tempo
e luogo dell'uomo teso a dischiudere il senso della
vita in riferimento a ciò che sta oltre il velo della
morte, considerata destino ineluttabile e universale.
Nel pellegrinaggio la vita si dischiude al suo senso
più profondo, si dispiega lungo tutto il percorso
nelle sue facce contrastanti, si rende più evidente
e intelligibile nell'incontro misterioso con l'uomo
della strada, ma soprattutto con Dio. Di qui si evince
che il pellegrinaggio, costituendosi come tempospazio
della rivelazione e della comunicazione, si
esplicita nel suo essere tempo originale offerto
all'uomo per la comprensione di sé, sotto il profilo
creaturale e figliale, accettandosi nella propria
realtà di peccato e accogliendosi nella pienezza
della misericordia nella forma altissima della divina
accondiscendenza. Non è estranea a questa
visione il fatto che nella storia del cristianesimo si
siano formulate molteplici modalità di pellegrinaggio
verso diversi luoghi santi. Ogni meta infatti qualifica
la diversità implicata dal carattere originario
dell'evento di fondazione, dal carisma del luogo
dove si fa memoria dell'evento sacro, dalla peculiarità
del messaggio custodito e trasmesso, dalla
conseguente tradizione materiale e simbolica, alimentata
e diffusa da segni, prodigi e opere.
5 – A questo punto volgiamo domandarci quale sia
il senso di una nuova evangelizzazione in una pratica,
quale il pellegrinaggio, che nell'arco dei secoli
si è riproposto come relazione tra la necessità di
ricerca di Dio da parte dell'uomo e la comunicazione
di Dio stesso all'uomo, in un immaginario spazio,
quale il pellegrinaggio è, dove le due realtà
dialogano?
Ritengo che la prima cosa sia specificare cosa possa significare «Nuova evangelizzazione» nel contesto
entro cui ci muoviamo. Significa, a mio avviso,
in primo luogo la volontà di cogliere e di far cogliere
l'intrinseca caratterizzazione dell'azione salvifica
di Dio, che è data appunto dalla «novità». Il cristianesimo,
quando è compreso nella sua autenticità,
è sempre qualcosa di inedito, di diverso, di
sorprendente rispetto a tutto lo scenario mondano
in cui si inserisce.
Nella società stanca e logora del nostro tempo
l'incidenza della proposta evangelizzatrice per la
larga parte dipenderà dalla nostra capacità di far
percepire come una scoperta la sua novità sostanziale.
La «nuova evangelizzazione» deve indicare la nostra
determinazione a proclamare il messaggio di
Cristo con slancio più generoso, con voce più fresca,
con animo più risoluto, oltre gli schemi convenzionali
e i moduli consueti.
La «nuova evangelizzazione
» deve manifestare infine la consapevolezza
di avere degli interlocutori che non sono più
nelle condizioni concrete che contrassegnavano le
epoche precedenti.
La «nuova evangelizzazione» ci deve accingere con
un grande amore per la verità e con un culto non
puramente terminologico della comunione ecclesiale.
6 - Da chi ci lasceremo guidare in questo pellegrinare
nel tempo e nello spazio? È ovvio che sarà la Sacra Scrittura a guidarci.
Essa va letta e compresa entro tutto l'avvenimento
cristiano, così come la nostra contemplazione della
vicenda salvifica va nutrita assiduamente con la
meditazione della parola ispirata. Non dovrà essere
dunque una lettura separata dalla piena e autentica
esperienza del fatto salvifico; non dovrà
essere una lettura intellettualistica, alla sola portata
dei privilegiati del sapere né una lettura spiritualmente
aristocratica, ma una lettura integralmente
ecclesiale, compiuta con la semplicità e la
mansuetudine dei «piccoli», ai quali i misteri del
Regno riescono più congeniali (cf. Mt 11, 25). Una
lettura che permetta al pellegrino di assaporare il
«clima» degli inizi cristiani, luminoso di verità e caldo di passione apostolica.
Benedetto XVI nella catechesi dello scorso 31 ottobre
2012 diceva: "La nostra fede è veramente
personale, solo se è anche comunitaria: può essere
la mia fede, solo se vive e si muove nel «noi»
della Chiesa, solo se è la nostra fede, la comune
fede dell'unica Chiesa."
Credo che l'esperienza del pellegrinaggio possa
essere considerato uno dei momenti privilegiati in
cui si possa fare esperienza della fede
"personale" come "comune fede dell'unica Chiesa".
L'esperienza del pellegrinaggio in questo contesto
diventa il luogo dove l'esercizio dell'annuncio del
Vangelo e della rinascita sacramentale siano percepite
nell'essenza della novità di cui dicevamo
pocanzi, e per il pellegrino il viaggio diventa l'esperienza
del popolo di Dio che vivendo "nuovamente
l'esperienza dell'esodo, … deve consentire allo
Spirito di liberare il loro cuore dal macigno e di
donare loro un cuore di carne, di poter esprimere,
nel viaggio dell'esistenza, la giustizia ed una fede
gelosa e divenire luce per tutti i popoli fino al giorno
in cui il Signore Dio sul monte santo offrirà un
banchetto per tutti i popoli." (cfr. Giovanni Paolo II,
Il pellegrinaggio del grande giubileo del 2000, n.
8).
"Per il pellegrino, il pellegrinaggio è la celebrazione
della propria fede, una manifestazione di culto da
vivere nella tradizione della fede, con un forte
sentimento religioso e come realizzazione della
propria esistenza" (cfr. Giovanni Paolo II, Il pellegrinaggio…,
n. 32).
Il significato del pellegrinaggio nel contesto della
«nuova evangelizzazione» deve caratterizzarsi innanzitutto
con la ricerca di Dio che si è manifestata
in momenti diversi, di fatto l'essere pellegrini
oggi comporta di nuovo una profonda esperienza
di fede, antropologicamente ben motivata e fondata.
Richiede l'apertura totale sull'uomo, sulla globalizzazione
della sua vita, sull'universalità dei
suoi confini. Comporta il confessare la fede, aprirsi
alla speranza e fortificarsi nella carità. Comporta la
conversione della mente e la gioia del cuore. Comporta
l'urgenza della testimonianza in un vita contemplativa,
sintesi felice tra corpo, anima e spirito.
Anche i pellegrini apprendono questo principio
teologico e antropologico nella concretezza del
"fare pellegrinaggio". Vivono questa itineranza
come una scommessa da non perdere e da non
ridurre a semplice ricordo devozionale, posticcio e
inutile. Restando fedeli nell'unità della fede e nella
comunione universale, i pellegrini camminano verso
la salvezza. (C. Mazza, Il Pellegrinaggio come
metafora della vita). |
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